Con sentenza n. 14003 del 28 novembre 2023 la I sezione Penale della Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che “In tema di affidamento in prova al servizio sociale, l’impossibilità per il condannato di svolgere attività lavorativa per ragioni di età o di salute non osta alla concessione della misura, in presenza di altri elementi idonei a fondare il giudizio prognostico favorevole al suo reinserimento sociale“.
In particolare, è stato precisato che ai fini della concessione di una misura alternativa alla detenzione occorre che risultino elementi positivi, che consentano un giudizio prognostico favorevole della prova (quanto in particolare all’affidamento in prova) e di prevenzione del pericolo di recidiva Tali considerazioni, peraltro, devono essere inquadrate alla luce del più generale principio per il quale l’opportunità del trattamento alternativo non può prescindere, dall’esistenza di un serio processo di revisione critica del passato delinquenziale e di risocializzazione oltre che dalla concreta praticabilità del beneficio stesso. Il Tribunale di Sorveglianza, pertanto, nella valutazione dei presupposti per la concessione di una misura alternativa, dalla tipologia e gravità dei reati commessi, deve avere soprattutto riguardo al comportamento e alla situazione del soggetto dopo i fatti per cui è stata inflitta la condanna in esecuzione, onde verificare concretamente se vi siano o meno i sintomi di una positiva evoluzione della sua personalità e condizioni che rendano possibile il reinserimento sociale attraverso la richiesta misura alternativa. Lo svolgimento di attività lavorativa, pur rappresentando un mezzo di reinserimento sociale valutabile nel più generale giudizio sulla richiesta di affidamento in prova al servizio sociale, non costituisce da solo, qualora mancante, condizione ostativa all’applicabilità di detta misura, trattandosi di parametro apprezzabile unitamente agli altri elementi sottoposti alla valutazione del giudice di merito.