«Non sono utilizzabili ai fini della deliberazione informazioni tratte in camera di consiglio da siti internet di meteorologia o climatologia, in quanto trattasi di acquisizione unilaterale di elementi conoscitivi che determina l’impiego a fini decisori di prove diverse da quelle legittimamente acquisite in dibattimento nel contraddittorio tra le parti».
Con questa motivazione, la Cassazione (Cass. pen., sez. V, ud. 19 aprile 2024 n. 24117) censura in modo netto le motivazioni della sentenza di assoluzione della Corte d’Assise di Appello, ritenute “estranee all’ordine naturale delle cose e alla razionalità umana”. L’organo giudicante, spiega la Corte, non può indicare nel corpo motivazionale fonti di prova o indizi c.d. “aperti”, ossia rinvenibili su internet, che siano stati sottratti al contraddittorio delle parti e che attengano a nozioni tecnico-scientifiche. La sentenza in commento porta con sé il pregio di attualizzare e ribadire nell’epoca digitale l’antico brocardo “quod non est in actis non est in mundo”.