Un genitore può intestare tutti i suoi beni a un figlio soltanto, escludendo gli altri?
Evidentemente no. La legge consente ai figli, a cui il genitore non ha lasciato nulla in eredità, di impugnare la volontà dello stesso genitore se costui, nel disporre dei propri beni, non ha rispettato la cosiddetta quota di legittima.
Vediamo perché.
Se è vero che il genitore, finché è in vita, ha ampia facoltà di disporre dei propri beni, è anche vero che i figli, che sono stati esclusi da questi atti di disposizione, potrebbero non rinunciare ai propri diritti.
Vediamo come.
Sono detti legittimari coloro che, alla morte di una persona, hanno diritto a una quota del suo patrimonio, anche contro la volontà del defunto. I legittimari sono la moglie, i discendenti in linea retta (prima i figli e, in mancanza, i nipoti), gli ascendenti in linea retta (prima i genitori e, in mancanza, i nonni).
Ecco come si ripartiscono tra loro le quote di legittima:
se vi è un solo figlio, gli spetta 1/2 del patrimonio del de cuius;
se vi sono più figli, spettano loro complessivamente i 2/3, ovviamente ripartiti in misura uguale tra loro;
se vi sono solo gli ascendenti, spetta loro 1/3;
se vi è solo il coniuge, gli spetta 1/2;
se vi sono il coniuge e un figlio, spetta loro 1/3 ciascuno;
se vi sono il coniuge e più figli, al coniuge spetta 1/4, ai figli 1/2;
se vi sono il coniuge e gli ascendenti, senza figli, al coniuge spetta 1/2, agli ascendenti 1/4.
I figli, quindi, concorrono solo con il coniuge, se vivente al momento della morte del de cuius, ed escludono tutti gli altri parenti.
La quota che rimane “libera” è detta disponibile: è quella porzione della quale il defunto avrebbe potuto liberamente disporre, con donazione o con testamento.
Facciamo un esempio.
Muore Tizio, lasciando la moglie e due figli.
Ai figli spetterà complessivamente 1/2 del patrimonio ereditario: quindi 1/4 ciascuno. Alla moglie spetterà 1/4. Resta libera una quota di 1/4, che è la quota disponibile, quella che il de cuius avrebbe potuto destinare a chi voleva.
Per calcolare esattamente la quota disponibile, occorre innanzi tutto stabilire la massa ereditaria, che è costituita dal patrimonio che il defunto ha lasciato alla sua morte, più il valore di eventuali donazioni effettuate in vita (c.d. riunione fittizia).
Da questo valore occorre poi sottrarre quello corrispondente alle quote spettanti ai legittimari; quello che resta è la quota disponibile.
Se, facendo questa sottrazione, si rileva che il de cuius ha disposto dei suoi beni andando oltre la quota disponibile, mediante donazioni o disposizioni testamentarie in favore di persone diverse dai legittimari, si ha lesione di legittima.
Vediamo, in pratica, come funziona questa regola.
Tornando all’esempio di prima, Tizio lascia un patrimonio che vale 100. Durante la sua vita, ha effettuato donazioni per 60. Per calcolare la quota disponibile, si somma ciò che è rimasto con ciò che è stato donato: quindi 100 + 60 = 160.
Abbiamo detto che Tizio lascia la moglie e due figli. Poiché, come abbiamo visto, la quota disponibile è di 1/4, essa corrisponderà a 40 (1/4 di 160 = 40). Quindi Tizio avrebbe potuto effettuare donazioni fino a un valore di 40: andando oltre, ha intaccato la quota disponibile e leso la legittima. Il rimedio concesso ai legittimari prende il nome di azione di riduzione, cui può seguire l’azione di petizione di eredità.
Dunque, il legittimario può adire il competente Tribunale per ottenere la dichiarazione d’inefficacia delle disposizioni testamentarie o delle donazioni, allo scopo di reintegrare la quota di legittima spettantegli. Dovrà, naturalmente, dimostrare la propria qualità di legittimario e il fatto che le donazioni o le disposizioni testamentarie abbiano leso la quota di legittima. Se la donazione, o le donazioni, sono state effettuate ricorrendo all’espediente della donazione indiretta o della simulazione, occorrerà darne dimostrazione.
Il Tribunale, dunque, prenderà in considerazione le disposizioni testamentarie e le donazioni effettuate in vita dal de cuius al fine di reintegrare la quota di legittima. Con la conseguenza che, gli atti lesivi della quota di legittima saranno dichiarati inefficaci dal Tribunale.
L’azione può essere esercitata anche dagli aventi causa dei legittimari (ad esempio, in caso di morte dell’avente diritto, dai figli o dai nipoti).
Tale azione si prescrive in dieci anni, che decorre da:
– se la lesione è stata causata da una donazione, dal giorno dell’apertura della successione. Esso coincide, in sostanza, con la data di morte del de cuius;
– se è stata causata da una disposizione testamentaria, dall’accettazione dell’eredità.
Ciò in quanto, alla morte del de cuius, le persone che dovrebbero essere, per legge o per testamento, suoi eredi, non hanno ancora acquisito questa qualità. Essi sono “chiamati” all’eredità; divengono eredi solo con l’accettazione, espressa o tacita. Diventare erede di una persona comporta acquisirne non solo le ricchezze, ma anche, se vi sono, i debiti.
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