Il pagamento dei debiti ereditari con denaro proprio e non dell’eredità non comporta l’accettazione dell’eredità stessa.

Quello riportato è il principio affermato dalla Cassazione, con la sentenza 22 febbraio 2018, n. 4320.
La Suprema Corte ha, infatti, precisato che il pagamento di uno o più debiti lasciati dal defunto può comportare accettazione tacita di eredità solo quando è effettuato con beni o denaro prelavati dall’asse.
Laddove, invece, il pagamento venga disposto con denaro proprio, esso non rappresenta in sé un atto sintomatico della volontà di accettare l’eredità da parte dell’erede/degli eredi. Ed infatti, la norma (art. 1180 c.c.) che legittima qualsiasi terzo all’adempimento del debito altrui esclude proprio che il pagamento (in questo caso, del debito del de cuius) costituisca un atto tipico dell’erede identificabile quale accettazione dell’eredità.
Più nello specifico, la fattispecie sottoposta all’attenzione della Cassazione è stata la seguente: un coniuge superstite aveva denaro giacente su di un conto cointestato con il coniuge defunto.
Il superstite aveva effettuato prelievi sul conto corrente cointestato con il de cuius al fine di estinguere le rate del comune finanziamento fondiario, anche oltre la quota di spettanza (del coniuge superstite) del 50%. Donde la pretesa dei creditori del de cuius che venisse dichiarata l’intervenuta accettazione tacita dell’eredità del coniuge deceduto, al fine di veder tutelati i propri diritti nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare.
La Suprema Corte, pur senza entrare nel merito delle valutazioni “istruttorie” del Giudice di secondo grado, ha espresso il principio suddetto. Ha, infatti, ritenuto condivisibili le considerazioni del Giudice di appello in merito alla natura dei diversi prelevamenti effettuati dal coniuge superstite, da ritenersi, per l’appunto, effetto non già (o meglio non necessariamente) della qualità di erede del soggetto interessato, ma quale della qualità di mero cointestatario del conto, titolare di poteri disgiunti verso la banca, del tutto avulsi rispetto al contesto dell’apertura della successione.


Si tratta, a nostro avviso, di un arresto giurisprudenziale di notevole interesse e di grande tutela per il “superstite”, in presenza di esposizioni debitorie del cuius non previste o non prevedibili.